Se sulla carta è semplice, nella realtà è invece complicato. In ogni caso è partito. Brillantemente. Il progetto di inclusione sociale e lavorativa per rifugiati, ideato dai Rotary Ferrara e Ferrara Est, rappresenta un esempio importante di come si possano pragmaticamente affrontare problemi anche complessi quando enti e persone remano dalla stessa parte. Degli obiettivi del progetto, con le sue annesse modalità di svolgimento, si è diffusamente parlato nel bel convegno dell’altro pomeriggio, moderato la Luca Scanavini, che ha fatto seguito alla conferenza stampa di cui il Carlino ha già dato conto nell’edizione di ieri. La questione di base si può racchiudere in una semplice e pleonastica domanda: perché lasciare con le mani in mano tanti rifugiati nei centri di assistenza in attesa (un anno o addirittura due) che venga loro comunicato se avranno il permesso di soggiorno oppure debbano essere respinti? Il tutto con ovvie spese a carico della comunità. E ancora: tante potenzialità inespresse, molteplici energie non impiegate, sprechi a go go. La semplice osservazione di questo fenomeno ha spinto i Rotary Ferrara e Ferrara Est, con i presidenti Adele del Bello (instancabile capofila dell’operazione) e Paolo Govoni, a mettersi in moto e a trovare le necessarie alleanze operative, con il prefetto Massimo Marchesiello informato costantemente e ben contento di aderire alla presentazione con un imperativo “ci dobbiamo riuscire” nella certezza di offrire un servizio ai tanti settori economici che ne hanno bisogno. Dunque una trentina di rifugiati (sui 930 della nostra provincia) a breve saranno selezionati per essere immessi nel mondo del lavoro (agricoltura, industria o servizi) previa formazione civile, linguistica e professionale. Il progetto, illustrato dalla stessa Del Bello, terminerà all’inizio dell’estate.
Convintissimo della proposta, il vicepresidente di Confindustria Gian Luigi Zaina ne parla come di un’occasione da non perdere: “Non sappiamo nulla dei rifugiati del nostro territorio, chi sono, quali professionalità hanno. Potrebbero aiutare la nostra economia. Assistenza o carità qui non c’entrano. Ma con il lavoro si conquistano libertà e dignità. I dati raccolti andranno in un maxi data base e i risultati verranno messi a disposizione di tutti”. Di “importanza straordinaria” del progetto, ha poi parlato l’ex ministro Patrizio Bianchi (Cattedra Unesco) collegato da remoto (sta smaltendo un’indisposizione): “E’ evidente il duplice obiettivo della inclusione e della integrazione”. E ancora: Il problema-migranti non è solo una questione di ordine pubblico e non lo si risolve con la bacchetta magica o battendo i pugni sul tavolo, ma avendo l’umiltà di sperimentare e di lavorare insieme”. Sulla stessa linea l’arcivescovo Gian Carlo Perego: “Questo progetto completa l’ingresso nella comunità; il rifugiato non mangia e dorme soltanto, qui. C’è la persona al centro, con tutele, promozione, inclusione. E’ fondamentale, per loro come per il nostro territorio, valorizzare le competenze di queste persone, costrette a fuggire dalle loro terre per motivi, politici, religiosi, economici”. Anche la Città del ragazzo con il direttore Antonio Marchini e la Cattedra Unesco con la coordinatrice Valentina Mini hanno illustrato il loro specifico impegno tecnico collegati alla formazione e più in generale all’educazione. Alberto Lazzarini